Il ritorno delle armi: gli italiani e le guerre del nostro tempo. Ricerca dell’Istituto Demopolis per Caritas Italiana

Dopo più di 1.000 giorni dall’invasione russa in Ucraina e oltre un anno di escalation del conflitto in Medio Oriente, la visibilità quotidiana della guerra sta condizionando l’immaginario degli italiani: il 74% associa la guerra a morte e distruzione; un dato cresciuto di quasi 20 punti in 3 anni. In questo panorama di schiacciante evidenza, solo l’11% cita le speculazioni economiche e finanziarie come variabili associate ai conflitti; il 5% rammenta povertà e disuguaglianze; un ulteriore 5% segnala le conseguenze delle guerre, in termini di rifugiati ed aiuti umanitari.

Sono alcuni dei dati emersi dalla ricerca condotta per Caritas Italiana dall’Istituto Demopolis, i cui risultati sono stati pubblicati nel volume della Caritas “il ritorno delle armi: guerre del nostro tempo”, in libreria dall’11 dicembre.

Per 7 cittadini su 10, è Internet la principale fonte d’informazione sui conflitti internazionali, seguita dalla Tv, indicata dal 66%, e dalla stampa quotidiana. 3 intervistati su 10 dichiarano di informarsi sui Social Network.

Sebbene le vicende attuali raccontino la difficoltà operativa della mediazione nella gestione e prevenzione dei conflitti, si conferma forte in Italia la domanda di protagonismo diplomatico. Infatti, quasi 3 intervistati su 4 – innanzi allo scoppio di un conflitto – richiederebbero alla comunità internazionale di agire con la mediazione politica, senza l’uso della forza. Oggi, solo il 13% condivide la scelta di un intervento immediato, anche con la forza, per bloccare il conflitto.

La richiesta dell’opinione pubblica alla comunità internazionale di mediazione politica, senza l’uso delle armi, oggi raggiunge in Italia il 74%, con un incremento di 12 punti, rispetto alla precedente indagine Demopolis-Caritas del 2021.

In questo contesto, l’attenzione sull’urgenza della pace nel mondo resta appesa agli appelli di Papa Francesco e della Chiesa: lo sostiene il 57% degli italiani intervistati dall’Istituto diretto da Pietro Vento. Drastico il giudizio dell’opinione pubblica sulla voce troppo fioca delle istituzioni dell’Unione Europea e del Governo italiano.

In merito al nostro Paese, solo l’1% suggerisce per l’Italia un ruolo interventista, anche militarmente, in situazioni di guerra. Un quarto concorderebbe con l’intervento, ma solo all’interno di un’azione militare coordinata dalle Nazioni Unite o dall’Unione Europea. Il 15% accetterebbe un attivismo italiano solo sotto l’egida della Nato. Secondo l’indagine Demopolis, per il 56% dei cittadini, l’Italia non dovrebbe mai intervenire militarmente in situazioni di guerra e conflitto internazionale.

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