Le priorità degli italiani nel sondaggio dell’Istituto Demopolis

Nell’agenda dei cittadini per il Governo, al primo posto è oggi l’efficienza della sanità, indicata dal 75%: era citata da poco più del 50% 5 anni fa. Al secondo posto, il 67% auspica interventi di contenimento dell’inflazione e del costo della vita; 6 su 10 vorrebbero una reale riduzione della pressione fiscale.

Sono i dati che emergono dall’indagine condotta dall’Istituto Demopolis, diretto da Pietro Vento, a meno di 20 giorni dalle Europee. Nella scala delle priorità indicate dalla maggioranza assoluta degli italiani, accanto alle politiche per l’occupazione e alla sicurezza urbana, rientra oggi, dopo il “caso Liguria”, anche l’esigenza di un impegno nella lotta alla corruzione.

Nella percezione dell’opinione pubblica la contiguità tra affari e politica nel nostro Paese non è diminuita, tutt’altro: più di un terzo ritiene che negli ultimi 20 anni sia aumentata, per il 48% – quasi 1 italiano su 2 – è rimasta di fatto come prima.

Dopo il “caso Liguria”, l’Istituto diretto da Pietro Vento ha analizzato l’opinione degli italiani sulla cosiddetta “legge bavaglio” in discussione in Parlamento, cioè l’emendamento del deputato Costa che introduce il divieto di pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare a tutela della presunzione di innocenza: un’ampia maggioranza, il 58% dei cittadini intervistati da Demopolis, afferma che si tratterebbe di un grave limite alla libertà di informazione dei cittadini.

Il tema si lega strettamente alla dibattuta questione intercettazioni. Pur evidenziando il rischio di eccessi sull’utilizzo dello strumento in alcuni frangenti, i due terzi degli italiani ritengono che non sarebbe opportuno porre dei limiti all’uso delle intercettazioni nelle indagini giudiziarie. Solo il 24% sarebbe invece favorevole ad una loro limitazione.

Demopolis ha analizzato infine le valutazioni degli italiani sull’altro punto in discussione: il rafforzamento del divieto di diffusione sugli organi di stampa. Un quarto dei cittadini vorrebbe un divieto assoluto della pubblicazione sui media per tutelare la privacy anche degli indagati. Opposto il parere del 23%, che non porrebbe alcun limite alla loro diffusione. La posizione prevalente ed ampiamente maggioritaria è quella del 52% di italiani, convinti che la diffusione delle intercettazioni debba restare consentita, ma con un divieto di pubblicazione delle conversazioni che riguardano persone o fatti non legati al reato.

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